Il Canale di Sicilia, cioè il tratto di mare che separa il mediterraneo orientale da quello occidentale, che separa la Sicilia dalla Tunisia, e che ha una elevata importanza dal punto di vista biologico ed ecologico essendo un vero e proprio paradiso per gli organismi acquatici, non verrà inserito tra le aree marine protette del territorio italiano perchè l’Arpat (l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) e il Consiglio dei Ministri non lo reputano degno di tale titolo. In effetti la notizia risale all’autunno 2011 , ma è ricomparsa grazie al convegno organizzato qualche giorno fa presso l’Accademia Navale di Livorno con il titolo “Insieme per uno sviluppo sostenibile”. Durante tale convegno si è discusso ed infine resi pubblici tutti i risultati del progetto Gionha (Governance and Integrated Observation of marine Natural Habitat) che ha l’obiettivo di favorire la tutela e la valorizzazione dell’ecosistema marino del Mediterraneo.
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Ma proprio il canale di Sicilia, come si legge nel comunicato, non compare nella lista delle zone da salvaguardare:
“In queste zone, lo Stato eserciterà la propria giurisdizione per proteggere e preservare l’ambiente marino, i mammiferi e le biodiversità dai rischi di catastrofi ecologiche dovute a scarichi di sostanze inquinanti da parte di navi mercantili o ad incidenti di navigazione, conformemente a quanto previsto anche dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo.
Su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 6 ottobre, un regolamento per l’istituzione di una Zona di protezione ecologica del Mediterraneo nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno, nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, a partire dal limite esterno del mare territoriale italiano e con esclusione dello Stretto di Sicilia.
In queste zone, lo Stato eserciterà la propria giurisdizione per proteggere e preservare l’ambiente marino, i mammiferi e le biodiversità dai rischi di catastrofi ecologiche dovute a scarichi di sostanze inquinanti da parte di navi mercantili o ad incidenti di navigazione, conformemente a quanto previsto anche dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo”.
Ciò significa quindi che tutti i tratti di mare che circondano la penisola italiana e che sono al di fuori della cosiddetta “zona ecologica” non avranno alcuna protezione da parte dello Stato.
E proprio l’isola di Pantelleria, insieme a tutto l’ambiente marino che la circonda, che è continuamente attraversata da un intenso traffico di navi mercantili e di petroliere, e dove aumentano ogni anno le richieste per esplorazioni petrolifere offshore, non avrà alcun vincolo o forma di protezione. E allora ci si chiede , come fa notare anche Green Peace, “perchè questo tratto di paradiso non viene tutelato e invece è abandonato al mercato dell’oro nero?”.