Canale di Sicilia: nessuna protezione da parte dello Stato (video greenpeace)

Il Canale di Sicilia, cioè il tratto di mare che separa il mediterraneo orientale da quello occidentale, che separa la Sicilia dalla Tunisia, e che ha una elevata importanza dal punto di vista biologico ed ecologico essendo un vero e proprio  paradiso per gli organismi acquatici, non verrà inserito tra le aree marine protette del territorio italiano perchè l’Arpat (l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) e il Consiglio dei Ministri non lo reputano degno di tale titolo. In effetti la notizia risale all’autunno 2011 , ma è ricomparsa grazie al convegno organizzato qualche giorno fa presso l’Accademia Navale di Livorno con il titolo “Insieme per uno sviluppo sostenibile”. Durante tale convegno si è discusso ed infine resi pubblici tutti i risultati del progetto Gionha (Governance and Integrated Observation of marine Natural Habitat) che ha l’obiettivo di favorire la tutela e la valorizzazione dell’ecosistema marino del Mediterraneo.

{youtube}fkhBsb7dln4{/youtube}

 

Ma proprio il canale di Sicilia, come si legge nel comunicato, non compare nella lista delle zone da salvaguardare:

In queste zone, lo Stato eserciterà la propria giurisdizione per proteggere e preservare l’ambiente marino, i mammiferi e le biodiversità dai rischi di catastrofi ecologiche dovute a scarichi di sostanze inquinanti da parte di navi mercantili o ad incidenti di navigazione, conformemente a quanto previsto anche dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo.
Su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 6 ottobre, un regolamento per l’istituzione di una Zona di protezione ecologica del Mediterraneo nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno, nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, a partire dal limite esterno del mare territoriale italiano e con esclusione dello Stretto di Sicilia.
In queste zone, lo Stato eserciterà la propria giurisdizione per proteggere e preservare l’ambiente marino, i mammiferi e le biodiversità dai rischi di catastrofi ecologiche dovute a scarichi di sostanze inquinanti da parte di navi mercantili o ad incidenti di navigazione, conformemente a quanto previsto anche dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo”.

Ciò significa quindi che tutti i tratti di mare che circondano la penisola italiana e che sono al di fuori della cosiddetta “zona ecologica” non avranno alcuna protezione da parte dello Stato.
E proprio l’isola di Pantelleria, insieme a tutto l’ambiente marino che la circonda, che è continuamente attraversata da un intenso traffico di navi mercantili e di petroliere, e dove aumentano ogni anno le richieste per esplorazioni  petrolifere offshore, non avrà alcun vincolo o forma di protezione
. E allora ci si chiede , come fa notare anche Green Peace, “perchè questo tratto di paradiso non viene tutelato e invece è abandonato al mercato dell’oro nero?”.