Le settimane si succedono così alle settimane e i compiti del quotidiano si accavallano togliendo tempo al tempo. Il sabato diventa dunque l’unica possibilità di espletare incombenze seccanti ma inevitabili:la casa da ripulire,i panni da lavare,stirare,riordinare,le piante da curare,la macchina da riparare,le bollette da pagare….ancora una volta in ritardo,con l’inevitabile multa. Del resto già da quando la prendo dalla cassetta della posta,busta inconfondibile tra le cartacce pubblicitarie, mi vengono i brividi per la cifra ogni volta esorbitante e per questa vita che ruota attorno alle spese sempre più assurde per i metri cubi fatturati,le megacalorie,le imposte di consumo,l’addizionale regionale,la quota fissa , la multa. Mai che si trovasse una lettera,che dico una cartolina,un messaggio affettuoso,un invito a nozze…bollette,solo bollette che non mi riesce mai di pagare in tempo perché la fila è troppo lunga e il mio tempo troppo corto.
Quel giorno dovevo proprio rassegnarmi a sopportarla quella coda. Mi sono sistemata al mio posto ,rispettando la regola non scritta del rispetto del turno,in un silenzio rotto da sbuffi e imprecazioni che pur condividendo mi guardavo bene dal pronunciare.
Una donna in fondo starnutiva in continuazione e ogni volta c’era qualcuno che si girava a guardarla in cagnesco con aria preoccupata. Ci mancava solo di beccarsi un raffreddore! Un’altra faceva sapere a tutti che aveva fretta e che se non faceva in tempo non poteva prender la bimba da scuola. Le rispose un silenzio che non lasciava dubbi.
“Paghi un altro giorno”le suggerì una.
Un ragazzo,parlando con se stesso,si lamentava che rischiava di non fare in tempo ad iscriversi all’Università. Un vecchietto sedette sull’unica panca a disposizione protestando giustamente per essere costretto alla sua età a fare la fila ma nessuno si commosse,me compresa.
“Voglio uscire”mi gridavo nella testa,considerando che erano tutti ritardatari come me e disciplinatamente,in attesa che la tortura finisse,avanzai di un posto non appena l’impiegato alla cassa completò le operazioni del cliente di turno,con una flemma asfissiante.
“Che palle”pensavo mentre mi raccoglievo i capelli in uno chignon,mi tormentavo il viso,mettevo le mani in tasca,rigiravo per la centesima volta quella maledetta bolletta,riguardavo intorno,provavo a sorridere a qualcuno che non mi considerava nemmeno…
“Non ne posso più” riurlavo nella mente ”è un’ora che sono qui e mi tocca pure pagare la multa. Sono stanca. Voglio andare a casa. Basta!”.
La signora in fondo continuava imperterrita a starnutire,il ragazzo ad agitarsi ,il vecchietto a protestare.
“Vorrei farli passare,davvero..giuro,ma proprio non posso,ne va della mia salute mentale”mi dicevo.
La tipa che aveva la bambina a scuola doveva aver rinunciato e proprio mentre stava per arrivare al traguardo quell’accidenti di macchinetta si inceppò.
“Porca miseria”questa volta mi uscì un grugnito ad alta voce.
“E’ tardi”spiegai per scusarmi imbarazzata,ma loro condividevano.
“Non è possibile”disse uno.
L’impiegato accennò un “Facciamo subito”,preoccupato immagino dall’essere preso d’assalto dalle reazioni legittime di noi poveri utenti.
Un collega arrivò in suo aiuto e dopo altri interminabili minuti riprese lo strazio e quando arrivò il mio turno con un sospiro di sollievo pagai tutti quei soldi,presi il resto e fuggii.
La signora raffreddata,lo studente e il vecchietto ne avevano ancora per un po’. Mi sentivo un po’ in colpa,ma solo un po’…li guardai impietosita poi mi dissi che serviva loro solo un altro po’ di pazienza e che in fondo si trattava di pochi minuti ancora e me ne andai.