La sentenza della Corte Costituzionale sulle autonomie regionali
Il 28 novembre del 2024, la Corte Costituzionale ha annunciato la sentenza numero 192/2024, relativa alla legge del 26 giugno 2024, numero 86. Tale legge è stata introdotta per realizzare l’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario, in conformità con quanto previsto dall’articolo 116, comma terzo, della Costituzione Italiana.
Quest’azione normativa è frutto di un dibattito esteso che ha avuto inizio alla conclusione della XVII legislatura e che ha visto l’impegno di regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna già dal 2017.
Cos’è l’autonomia differenziata
Il concetto di autonomia differenziata è l’applicazione concreta del principio di sussidiarietà, il quale implica un approccio diversificato a seconda delle condizioni sociali e delle specificità dei problemi, come illustrato dall’esperto L. Antonini nel suo testo Il regionalismo differenziato. Questa assunzione di responsabilità da parte di entità più capaci di gestire determinati aspetti ha origini storiche lontane, risalendo fino ad Aristotele, il quale sosteneva che il potere dovrebbe mirare al benessere sociale nella diversità. Questo principio è stato integrato nella nozione di bene comune, radicata in San Tommaso e sviluppata nella dottrina sociale della Chiesa, evidenziando il ruolo di supporto dello Stato alle “assemblee del corpo sociale”, come affermato da Pio XI nella Quadragesimo anno.
Il contenuto della legge
In Italia, il principio di autonomia differenziata è stato ufficializzato con la modifica dell’articolo 116 della Costituzione nel 2001, divenendo un elemento centrale della differenziazione. La legge n. 86 del 2024 ha implementato questa norma, trasferendo 23 materie alle regioni, incluse sanità, ambiente, trasporti e istruzione. È stato preservato l’uniforme rispetto ai Livelli essenziali delle prestazioni (LEP), garantendo i diritti civili e sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale. Alcuni critici esprimono preoccupazione per la potenziale svantaggio delle regioni meno favorevoli, poiché quelle più ricche potrebbero trattenere risorse eccessive, riducendo i fondi disponibili per lo Stato o per altre regioni.
La decisione della Corte Costituzionale
Analizzando 14 punti, la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi presentati da Puglia, Toscana, Campania e Sardegna, dichiarando illegittime o inammissibili 38 questioni. La sentenza ha enfatizzato che la nazione non può essere suddivisa, ma ha altresì riconosciuto che una società plurale come quella italiana non può essere rappresentata esclusivamente da un’unica istituzione. Inoltre, la Corte ha messo in evidenza che la sussidiarietà può fungere da elevatore, distribuendo le funzioni in base alle circostanze specifiche.
Quali sono le prossime mosse
Nonostante la sentenza, l’autonomia differenziata non è stata giudicata incostituzionale. Due possibili conseguenze si profilano: si può procedere con un referendum sulla parte di legge ancora valida oppure il Parlamento potrebbe redigere una nuova legge, tenendo conto delle indicazioni della Corte e apportando modifiche a materie come comunicazioni, ambiente ed energia. Se il Parlamento dovesse rivedere il testo, una nuova legge entrerebbe in vigore e il referendum non sarebbe necessario. La situazione attuale rimane in sospeso e il futuro dell’autonomia differenziata richiederà un equilibrio tra diversità regionale e coesione nazionale.
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