Le vicende storiche e moderne si intrecciano in modi sorprendenti, dando origine a legami che attraversano il tempo e influenza le famiglie italiane. Un esempio emblematico è rappresentato dal nipote del Tenente Colonnello Biagio Sallusti, tragica figura degli ultimi giorni della Repubblica di Salò, divenuto uno dei giornalisti di maggior impatto nel panorama media del paese. Si tratta di un racconto che porta dall’epoca tumultuosa della guerra civile italiana ai vertici del giornalismo contemporaneo.
la drammatica storia del tenente colonnello biagio sallusti
Nell’epoca che precedette la caduta della Repubblica Sociale Italiana, quando il regime fascista si trovava sull’orlo del collasso a causa delle avanzate alleate e della Resistenza, si consumò la tragedia di Biagio Sallusti. Ufficiale di carriera a Como, Sallusti si trovò coinvolto negli eventi complessi della Repubblica di Salò, pur non essendo stato, secondo le testimonianze della sua famiglia, un fervente sostenitore del fascismo.
Il fulcro della sua esistenza professionale si concretizzò quando accettò di presiedere un tribunale militare per giudicare il partigiano Passavalli Pucher, accusato dell’omicidio di Aldo Resega, federale fascista. La situazione era estremamente delicata: quattro superiori si erano già astenuti dall’assumere tale responsabilità, convinti del declino del regime e dell’imminente vittoria dei partigiani. In questo clima di crescente pressione, Biagio Sallusti decise di accettare l’incarico.
Durante il processo, Sallusti dimostrò una notevole integrità morale, riuscendo a salvare sei dei sette imputati. Non potendo scongiurare la condanna di Pucher, questa decisione gli costò la vita. Nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione, Biagio Sallusti fu catturato e giustiziato dai partigiani, diventando una delle innumerevoli vittime della vendetta che segnò la fine della guerra civile italiana.
la scoperta del passato familiare da parte di alessandro sallusti
La storia del nonno Biagio rimase avvolta nel segreto per anni, una situazione comune per molte famiglie italiane colpite dalle atrocità della guerra civile. Alessandro Sallusti, in un’intervista emozionante con Luca Telese, ha condiviso: “Scoprii, mentre studiavo, che mio nonno, Biagio, tenente colonnello a Como, finito a Salò senza mai essere stato fascista, era stato fucilato dai partigiani. Mio padre non me l’aveva mai raccontato.”
Il giornalista ha fornito dettagli aggiuntivi riguardo alla vicenda che culminò con la morte del nonno: “Dopo che quattro superiori si rifiutarono di guidare il tribunale, mio nonno accettò di giudicare Passavalli Pucher, partigiano accusato di aver ucciso Aldo Resega. Salvò gli altri sei imputati, ma per l’unica pena di morte inflitta, fu giustiziato.”
Perché a distanza di quasi un secolo dalla Seconda Guerra Mondiale non esiste ancora un consenso chiaro sulla fucilazione di Biagio Sallusti da parte dei partigiani? I commenti all’intervista rivelano una nazione divisa.
Alcuni sostengono che la fucilazione, sebbene sia stata condotta da partigiani, non possa definirsi democratica; altri affermano che Passavalli fosse innocente e considerano il processo una farsa, con accuse infondate. Vi è anche chi sostiene il racconto di Alessandro Sallusti, credendo che il nonno dovesse essere graziato anziché giustiziato.