Obiettivi raggiunti da Emmanuel Macron
Emmanuel Macron è riuscito a conseguire i suoi principali obiettivi politici. Prima delle elezioni, la priorità era chiara: ostacolare il fronte nazionale (RN). Il secondo turno ha portato alla formazione di una significativa coalizione repubblicana, che ha raggiunto il risultato desiderato. La Francia ha, ancora una volta, visto realizzarsi le proprie aspirazioni. Dopo il voto, la situazione è cambiata. Michel Barnier si è trovato a dover gestire un bilancio straordinario di 60 miliardi di euro, un autentico disastro finanziario preannunciato. Senza dirlo esplicitamente, Marine Le Pen avrà probabilmente tirato un sospiro di sollievo, continuando a navigare in modo tranquillo nell’opposizione.
Una sfida difficile da affrontare
Risultava difficile trovare una maggioranza per approvare un bilancio di tale portata. Per questo motivo, l’Eliseo ha cercato un candidato di riserva, un ex burocrate europeo, descritto come tecnico e poco carismatico.
Una vittoria piena per Marine Le Pen? Non proprio. Il problema dei conti pubblici passerà al prossimo governo, poiché la Costituzione francese esclude nuove elezioni prima di luglio 2025. Infatti, la leader della destra ha rapidamente modificato le sue dichiarazioni durante la crisi governativa, ritirando la richiesta di dimissioni di Macron e mostrando disponibilità a supportare una “legge di scopo” per l’approvazione del bilancio entro le scadenze previste dalle procedure d’infrazione. Il passaggio dall’opposizione al governo in tempi brevi può far emergere la realtà dalla propaganda.
Stato economico della Francia e dell’Europa
Durante il governo Barnier, la Banca Centrale Europea (BCE) ha evitato di reintrodurre sul mercato i titoli di stato francesi in suo possesso, fungendo da schermo contro l’aumento dello spread. In contrapposizione, ha proceduto a vendite massicce di Bund tedeschi. L’Italia, da parte sua, ha assunto un ruolo di spettatore silenzioso. Dopo un periodo di vendite di titoli durante la campagna di emissioni, la BCE non ha garantito la protezione dei titoli francesi, lasciando il debito italiano vulnerabile agli estremi del mercato, con un rischio di contagio elevato.
Nonostante la protezione parziale della BCE, lo spread francese ha mostrato un incremento, sia rispetto ai Bund che ai titoli greci a 5 e 10 anni, rivelando una forte pressione di vendita. Sembrerebbe che il mercato stia prezzando una crisi simile a quella del 2010, con la Francia come epicentro? No. Ciò che emerge è il “rischio di ridenominazione”, cioè la possibilità che una crisi in Francia possa attivare una crisi più ampia per l’Eurozona e la moneta unica, aggravata dalla situazione macroeconomica della Germania e dall’incertezza riguardante le elezioni anticipati del Bundestag.
L’inflazione sembra assente, sebbene sia in aumento. Nonostante ciò, si richiede alla BCE di abbassare ulteriormente i tassi di interesse. Che fine hanno fatto i salari e il potere d’acquisto? Le manifestazioni davanti agli stabilimenti della Volkswagen offrono risposte chiare. Lo spread francese non suggerisce il fallimento delle banche francesi come avvenne per quelle greche più di un decennio fa, o per quelle spagnole durante la bolla immobiliare. Il segnale è che, stavolta, l’intera Eurozona potrebbe non sopportare uno shock sistemico, esponendo le debolezze nascoste dalle politiche monetarie emergenziali.
Il panorama europeo e le sfide future
La situazione attuale rafforza l’idea che l’Europa è composta da stati senza un debito comune o politiche fiscali condivise. Persino un ciclo di quantitative easing non basterebbe a sanare concessioni bancarie problematiche. I rischi non si limitano più solo ai paesi del Club Med, ma coinvolgono anche Germania e Francia simultaneamente. Se dovesse verificarsi un evento fuori controllo, l’Italia risulterebbe la più colpita, priva di spazio fiscale per fronteggiare la crisi, a meno di un ulteriore ricorso al deficit, intensificando il problema creato dai mercati con la vendita massiccia di OAT. Anche il BTP potrebbe essere a rischio.
Si consideri il ruolo di Wall Street nell’accentuare le tensioni? È plausibile aspettarsi un aiuto da Donald Trump in nome della solidarietà atlantica? E quanto è prudente mantenere una posizione di confronto diretto con Cina e Russia, considerando le attuali dinamiche geopolitiche?
Non è opportuno sottovalutare Macron e il macronismo. Questi rappresentano solo la facciata visibile dell’intera Unione Europea.