Roma, ergastolo. Questa è la decisione emessa dalla Prima Corte d’Assise di Roma nei confronti di un ingegnere accusato dell’assassinio della sua ex compagna, Martina Scialdone. La giovane di 34 anni è stata uccisa con un colpo di pistola il 13 gennaio 2023, davanti a un ristorante in via Amelia, nel quartiere Tuscolano. La Corte ha accolto la richiesta della Procura, che aveva accusato l’imputato di omicidio volontario aggravato, caratterizzato da premeditazione, motivi futili e dalla relazione affettiva con la vittima. A questa condanna è stata aggiunta anche la determinazione dell’isolamento diurno per 18 mesi.
omicidio dell’avvocatessa martina scialdone
Il caso ha sconvolto la società per la violenza e la determinazione con cui è stato perpetrato l’omicidio. Le indagini hanno rivelato che l’uomo aveva pianificato l’atto violento a seguito della decisione di Martina di concludere la loro relazione. Un comportamento di gelosia ossessiva lo aveva indotto a seguire ogni movimento della donna, perfino installando un dispositivo GPS sul suo telefono. Nella serata del delitto, l’ingegnere ha utilizzato una pistola Glock, legalmente detenuta per uso sportivo, ma portata con sé in modo indebito da diverse settimane.
Martina Scialdone, una rinomata avvocatessa di carattere forte e empatico, aveva tentato di troncare il rapporto in maniera pacifica. La sua preoccupazione di non voler ferire l’uomo con una rottura brusca ha avuto conseguenze tragiche. L’ultimo incontro si è rivelato fatale, con il colpo esploso da una distanza ravvicinata, senza indugio. Ogni tentativo di soccorso è risultato vano: la giovane è deceduta poco dopo, tra le braccia del fratello, testimone oculare della drammatica scena.
omicidio per l’ex costantino bonaiuti
Durante il processo, l’imputato ha cercato una giustificazione sostenendo che il colpo fosse partito involontariamente e che deteneva la pistola per motivi legati a un presunto intento suicida. Questa difesa non ha trovato credibilità presso i giudici, che hanno evidenziato la chiara premeditazione e la volontà di colpire. La gelosia e la difficoltà di accettare la conclusione della relazione sono stati identificati come motivi vili che hanno spinto l’uomo all’aggressione fatale.
omicidio premeditato
La sentenza ha ribadito l’entità delle aggravanti addebitate. Oltre alla condanna per omicidio, l’imputato ha ricevuto una pena per porto abusivo di arma da fuoco, un particolare che ha consolidato l’accusa di premeditazione. Questa decisione rappresenta un forte messaggio contro il fenomeno della violenza di genere, un tema molto attuale in un’Italia ancora colpita da episodi analoghi.
Martina Scialdone diventa un simbolo della necessità di proteggere le donne da relazioni dannose e di intervenire prima che situazioni potenzialmente pericolose possano trasformarsi in tragedie. La sua vicenda sottolinea l’urgenza di responsabilità sociale. Il processo ha rivelato non solo i dettagli dell’assassinio, ma anche il dramma umano di una donna che, come molte altre, non è riuscita a sfuggire alla violenza di chi affermava di amarla.
Con la sentenza definitiva, si conclude un capitolo doloroso della vicenda giudiziaria, ma il ricordo di Martina e il suo sacrificio rimangono vivi, nella speranza che tali episodi non debbano più ripetersi.