Mi giro nel letto, oppressa da una cappa di infelicità. Chissà da quando l’infelicità è diventata mia inseparabile compagna, come un pappagallo appollaiato sulla spalla? Forse da quando ho rinunciato al brillante avvenire che tutti mi pronosticavano, per sposare Marco e accettare quel banale e mortificante lavoro in paese. O forse da quando è nato Luigino, che piange sempre, e 7 ore di sonno sono diventate un lusso proibito.
Mi rigiro, asciugandomi le lacrime. No, forse la disperazione non mi lascia più da quando ho scoperto il tradimento di Marco. “E’ accaduto una volta sola, è stata una sciocchezza!”, ha giurato e spergiurato. “Perdonami, ti supplico”, mi ha pregato con voce straziata. Ma io non riesco né a perdonare né a dimenticare il male che mi ha fatto, e lo odio acutamente, specie quando mi guarda supplichevole o scoraggiato.
Di colpo sembra che il mondo vibri, capovolgendosi. Ma è un attimo, neanche il tempo di spaventarmi.
Mi sistemo sotto le coperte, cercando di riallacciare il filo dei pensieri ma mi viene difficile. Ricordo le buffe smorfiette di Luigino e i forti abbracci di Marco e il caldo del camino d’inverno e il sapore del caffé.
Tento nuovamente di concentrarmi, ma i pensieri sono impazziti, mi vengono in mente il profumo di talco del bambino e l’acqua di colonia del marito e il caldo aroma della terra bagnata e quello salmastroso del mare.
Devo riuscire a ricordare. Ma vedo solo il rosa delle guanciotte del piccolo e il nocciola degli occhi del mio amore e il verde dei prati, il rosso dei papaveri, il bianco della neve, i tanti colori dell’arcobaleno e l’azzurro del cielo…
Sorrido: vivere è così bello!
Nessuno dubitò che fossi morta senza soffrire: bastava vedere il radioso sorriso stampato sul mio viso.
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