La tragica scomparsa del pugile lituano Genadij Krajevskij, noto per la sua carriera caratterizzata da numerose sconfitte, ha sollevato interrogativi riguardo il suo stato psicologico e la mancanza di supporto adeguato per gli atleti in difficoltà. Questa situazione pone l’accento su una problematica crescente all’interno del mondo della boxe.
la carriera di genadij krajevskij
Conosciuto come il “Bombardiere del Baltico”, Genadij Krajevskij ha intrapreso la sua carriera pugilistica nel 2018. Nonostante il bilancio negativo di 75 sconfitte su 76 incontri, il pugile ha saputo conquistare un seguito di tifosi. La sua ultima esibizione sul ring è avvenuta ad agosto, in un incontro contro il talentuoso Levi Vaughan, che ha portato a un’altra sconfitta. Pur essendo caratterizzata da un alto numero di insuccessi, la carriera di Krajevskij ha compreso eventi di grande risonanza, tra cui un incontro contro Tommy Fury, il fratellastro del noto campione dei pesi massimi Tyson Fury, nel novembre 2020, dove è stato fermato al secondo round per KO tecnico.
reazioni alla scomparsa di krajevskij
La notizia della morte di Krajevskij ha suscitato una profonda tristezza nel circuito pugilistico, generando una folla di messaggi di condoglianze sui social media. Tanti colleghi e sostenitori hanno evidenziato il spirito combattivo e la dedizione al suo sport. Questo tragico evento ha anche aperto la discussione sulla carenza di supporto e risorse per i pugili dopo il ritiro. La British Boxing Board of Control aveva revocato la licenza di Krajevskij, costringendolo a interrompere la carriera durante un periodo difficile, alimentando ulteriori riflessioni sulle pressioni che ha dovuto affrontare.
l’ombra del suicidio dietro la morte di krajevskij
Le circostanze attorno alla morte di Krajevskij hanno sollevato serie preoccupazioni riguardo a possibili gesti estremi. Nick Blackwell, ex pugile, ha pubblicato un messaggio che sottolinea l’assenza di sostegni per gli atleti che soffrono di danni cerebrali e problemi di salute mentale. Blackwell ha affermato che molti pugili si trovano abbandonati una volta conclusa la carriera, esortando i dirigenti a prestare maggiore attenzione ai temi della salute mentale nel mondo sportivo. Egli ha scritto: “Un altro boxeur se n’è andato perché si è tolto la vita. Deve essersi sentito così solo”, ponendo l’accento sull’urgenza di un sistema di supporto robusto per coloro che affrontano difficoltà post-ritiro.