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La triste vicenda di Artem Antonov, un giovane soldato di leva russo, ha suscitato preoccupazioni e indignazione. Le rivelazioni sulla sua morte, avvenuta in un contesto di violenze e richieste inaccettabili, pongono l’accento su una situazione drammatica e sulle gravi violazioni dei diritti umani all’interno delle forze armate.
Il 19enne Artem Antonov è stato ucciso dal suo comandante dopo aver rifiutato di firmare un contratto per combattere nell’oblast di Kursk, in Ucraina. Secondo quanto riportato dal blog indipendente russo IStories, il drammatico episodio si è verificato il 21 ottobre scorso nel campo di addestramento “Ilyinsky” della 60esima Brigata di fucilieri motorizzati, dove il comandante ha aperto il fuoco, colpendo Antonov alla testa.
La famiglia del giovane ha rivelato che Antonov è stato sottoposto a ripetute torture e abusi, tra cui percosse con spranghe di ferro, prima di rifiutare la firma del contratto per il fronte. Prima della sua tragica fine, Antonov ha condiviso dettagli riguardanti gli abusi subiti in un gruppo privato sui social media, il quale è stato successivamente rimosso.
Dopo la consegna del corpo, la famiglia ha scoperto non solo la ferita da arma da fuoco, ma anche diversi lividi, evidenti segni di ulteriori maltrattamenti. Il Kyiv Independent sottolinea come, dagli inizi del conflitto, siano già emersi documenti riguardanti maltrattamenti da parte di comandanti e commilitoni nei confronti dei soldati, ricollegabili a problematiche ben radicate dall’era sovietica, già documentate durante conflitti in Cecenia.
Persone coinvolte
- Artem Antonov – Soldato di leva
- Comandante della 60esima Brigata di fucilieri motorizzati
- Parenti di Artem Antonov