Oliviero Toscani combatte l’amiloidosi: il farmaco ‘spazzino’ in cura sperimentale

Il nuovo approccio alla cura dell’amiloidosi intrapreso da alcuni istituti può aprire opportunità significative per i pazienti, in particolare per quelli che affrontano forme rare della malattia. La novità si concentra sull’utilizzo di un medicinale innovativo, descritto come un farmaco ‘spazzino’, capace di rimuovere gli accumuli anomali di proteine nei tessuti, con potenziale beneficio per il cuore e altri organi.

Il trattamento, in fase di sperimentazione, è supportato dal professor Michele Emdin, esperto in Cardiologia, che riconduce il problema a una specifica alterazione genetica. Insieme all’approccio tradizionale, il soggetto sottoposto a terapia può beneficiare di nuove strategie terapeutiche.

Il trial sperimentale

Il meccanismo d’azione del farmaco è esplicato da Emdin, il quale illustra la successione di eventi che provoca l’amiloidosi. Da un’alterazione genetica nasce una proteina anomala che si accumula nel cuore, causando danni. L’obiettivo è sviluppare soluzioni terapeutiche dirette in grado di agire su ogni fase della malattia. Attualmente, esistono farmaci già sul mercato che agiscono sulla trascrizione proteica o sulla stabilizzazione della proteina stessa.

La ricerca in corso include l’uso di ‘depleters’, farmaci progettati per eliminare le proteine anomale dai tessuti. In futuro, l’editing genetico potrebbe rappresentare un passo significativo, permettendo modifiche precise al gene difettoso.

Il centro diretto da Emdin si dedica alla diagnosi e alla cura dell’amiloidosi, con l’intento di garantire a ciascun paziente l’accesso a trattamenti avanzati. Collaborando attivamente, i partecipanti alla sperimentazione possono accedere a farmaci con elevate probabilità di efficacia in anticipo rispetto alla loro commercializzazione.

La durata del trial è generalmente fissata a circa un anno e comprende test di farmaci innovativi mirati a migliorare la qualità della vita e l’aspettativa dei pazienti. La partecipazione a studi clinici avviene sempre con consenso informato, garantendo un alto livello di libertà e collaborazione tra pazienti e ricercatori.

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