“Mentre l’attenzione internazionale è concentrata sulla crisi finanziaria e dei debiti sovrani, una nuova voragine, forse ancor più drammatica, rischia di aprirsi nel breve periodo: una voragine che si chiama guerra”. Così scrive Simone Santini su “Clarissa”.
Ciò di cui si parla è un’eventuale, e chissà se imminente, guerra tra Israele ed Iran. Il Presidente israeliano Simon Peres è stato chiaro, il conto alla rovescia è partito e l’obiettivo è l’Iran di Ahmadinejad, paese nel mirino per il suo programma nucleare.
Sembra profilarsi lo scenario che molti analisti stanno prospettando da tempo. Il canadese Michel Chossudovsky ha dichiarato che “La terza guerra mondiale non è mai stata così vicina” il nostrano Giulietto Chiesa analizza la situazione in questa prospettiva: “Siamo di fronte a un’epocale collasso finanziario del capitalismo basato su carte false, trilioni inesistenti e conti truccati, col debito statunitense che ha raggiunto livelli stratosferici: in questo caso, la guerra è la soluzione migliore per fare tabula rasa”. La guerra, dunque, come unica soluzione per risolvere tanti problemi. Guerra mondiale avviata da conflitti solo in apparenza globali, come quello in Libia. La Nato ha conquistato Tripoli e ha così tagliato i rifornimenti strategici di petrolio e gas alla Cina anche dopo la secessione africana del Sud Sudan. E ora toccherebbe all’Iran, molto vicino ai cinesi.
La miccia potrebbe essere innescata la settimana prossima dal rapporto dell’Aiea, l’Agenzia Atomica Internazionale, che si starebbe apprestando, secondo indiscrezioni, ad accusare l’Iran di aver intrapreso la strada per l’atomica, anche se i controlli fin qui fatti rivelano che il paese degli ayatollah non ha mai violato il trattato di non proliferazione.
Secondo il “Guardian”, l’Iran starebbe invece implementando nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio spostandole in istallazioni sotterranee e fortificate nei pressi della città di Qom. Per questo, secondo un alto funzionario governativo britannico, rimasto anonimo, “oltre i 12 mesi non potremmo essere sicuri che i nostri missili possano essere efficaci: la finestra si sta chiudendo, e il Regno Unito deve procedere con una pianificazione razionale”.
“Gli Stati Uniti potrebbero farlo da soli, ma non lo faranno”, dice ancora il funzionario londinese, “per cui abbiamo necessità di anticipare le loro richieste: ritenevamo di avere tempo almeno fino a dopo le elezioni americane del prossimo anno, ma ora non siamo più così sicuri”.
Intanto Israele si prepara con molte esercitazioni e simulando una difesa contro lanci missilistici provenienti dall’esterno. Tel Aviv spinge perché l’attacco all’Iran sia scatenato entro la primavera 2012. Ne parla apertamente il maggior quotidiano israeliano, “Yedioth Ahronot”, che descrive il dibattito in corso tra “colombe” preoccupate dalle conseguenze del raid e “falchi” come il premier Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak. Sempre il “Guardian”, il 2 novembre ha pubblicato un reportage secondo cui le forze armate del Regno Unito starebbero intensificando i preparativi in vista di attacchi missilistici degli Stati Uniti contro siti iraniani.
Le installazioni iraniane fino ad ora hanno sempre resistito agli attacchi cibernetici provenienti da Occidente e gli americani stanno riposizionando le proprie forze armate nella regione con lo scopo di accerchiare il paese.
L’idea, sempre secondo le spiegazioni di “Clarissa”, è quella di compensare il ritiro delle forze dall’Iraq intensificando la presenza nella penisola arabica, come accadde durante la prima guerra del Golfo, con nuovi insediamenti in Kuwait, in Arabia Saudita e negli Emirati, e inviando ulteriori contingenti navali nel braccio di mare che separa le monarchie petrolifere dall’Iran.