Nel nuovo libro di Bruno Vespa, intitolato “Questo amore” ed edito da Mondadori, Berlusconi si esprime sulla magistrature e le “procure politicizzate”. Alcune di queste ultime, afferma il premier, come si può leggere in uno stralcio del testo che riportiamo: “stanno tentando una specie di rivoluzione.
Non è un paese normale quello in cui i magistrati, e non il popolo, tentano di mandare a casa i governi a colpi di inchieste. Perché questo è un paese in cui tutti sanno che, accanto alla stragrande maggioranza di magistrati che fanno solo e bene il loro lavoro, ce ne sono alcuni che perseguono invece disegni politici. Ebbene, io credo necessario garantire che i risultati elettorali non vengano annullati dall’azione di chi usa la giustizia come arma di lotta politica e magari per costruirci sopra carriere politiche: è una garanzia minima che la democrazia deve dare a se stessa.
Quando in un paese si arriva a violare il domicilio del premier, e a considerare possibile indiziato chiunque vi faccia ingresso, significa che il livello di guardia è stato ampiamente superato, e che è giunto il momento di ristabilire una separazione fra i poteri dello Stato.
Non ho usato nessun cellulare panamense. Lavitola chiamava ripetutamente Alfredo (maggiordomo di Palazzo Grazioli), che aveva da me avuto la raccomandazione di non passarmi alcuna telefonata. Lui pensò che io non mi fidassi dei normali telefoni, e allora disse ad Alfredo che gli avrebbe fatto avere dei telefoni sicuri. Alfredo me ne parlò, ma io rifiutai e commentai che quelli erano sistemi da criminalità organizzata.
Pensi a tutte le volte in cui il Csm ha agito di fatto da terza Camera, pretendendo di giudicare cosa il Parlamento e il governo debbano o non debbano fare, con ciò stravolgendo il principio della divisione dei poteri”.