Decarbonizzazione UE: Perché il Piano Draghi di von der Leyen Non è Sufficientemente Efficace

Il 27 novembre, Ursula von der Leyen ha presentato al Parlamento europeo la sua nuova squadra di commissari, ottenendo l’approvazione per un programma nettamente distintivo rispetto a quello dei cinque anni precedenti, fondato principalmente sul Green Deal e sulla transizione ecologica. Con un significativo background nella gestione di crisi recenti, von der Leyen ha acquisito considerevole visibilità pubblica. Un’indagine condotta da Catherine De Vries e collaboratori ha messo in evidenza che il 75% degli europei intervistati riconosce von der Leyen come presidente della Commissione, un dato record rispetto ai suoi predecessori, e la sua amministrazione è generalmente valutata positivamente. Questo indica un orientamento maggiormente politico e meno burocratico che ha caratterizzato il suo mandato nell’esecutivo europeo.


impatto della pandemia e del conflitto in ucraina

La crisi del COVID-19 e il conflitto in Ucraina hanno profondamente trasformato il contesto globale, influenzando le priorità dell’Unione Europea. L’economia dell’UE, una delle più integrate a livello internazionale, ha evidenziato la propria vulnerabilità di fronte a shock esterni, con ripercussioni gravi sulla catena di approvvigionamento e sui costi energetici. Per evitare una seria recessione post-pandemica, l’Unione ha adottato misure straordinarie, mobilitando circa 900 miliardi di euro tramite prestiti dai mercati finanziari per sostenere la cassa integrazione e ora per riforme e investimenti del PNRR. Questi fondi verranno esauriti entro il 2026 e dovranno essere restituiti entro il 2058. Inoltre, per la prima volta, la crisi sanitaria è stata affrontata mediante un acquisto comune di vaccini, risultando in notevoli risparmi per le finanze pubbliche, malgrado l’assenza di competenze dirette da parte dell’UE nel settore sanitario. Tali esperimenti di cooperazione hanno suscitato grande interesse tra i policy makers come modelli per iniziative future.


la proposta di mario draghi per la competitività europea

In seguito a un rallentamento della crescita economica e a incertezze geopolitiche, Mario Draghi è stato incaricato di elaborare proposte per rilanciare la competitività dell’Europa. Il Rapporto Draghi, pubblicato a settembre, serve come guida per la nuova Commissione nell’orientare le politiche del mandato. Il documento indaga su problematiche quali la bassa crescita, gli investimenti insufficienti in ricerca e sviluppo, le statistiche occupazionali, i costi di produzione e il declino demografico, presentando soluzioni pertinenti. Draghi ha sottolineato l’importanza di completare e applicare il mercato unico, superando gli ostacoli attuali tra i Paesi. Ha anche sollecitato una maggiore focalizzazione sul settore hi-tech e sull’innovazione, fondamentale per le imprese con alto potenziale produttivo, evidenziando che tali aziende, una volta affermatesi, spesso si trasferiscono in mercati più favorevoli come gli USA a causa di complessità amministrative e fiscali. Correggere questi impedimenti è quindi cruciale per favorire un ambiente propenso all’innovazione. Inoltre, ha rimarcato l’importanza dell’integrazione del mercato dei capitali e dell’equity, visto che le banche tendono a essere più riluttanti nel finanziare innovazioni a causa di rendimenti incerti. Maggiore sarà il progresso in queste aree nei prossimi anni, minore sarà la necessità di ricorrere a finanziamenti pubblici.


investimenti e sfide per il futuro

Il Rapporto esamina anche gli investimenti necessari per colmare il divario di competitività, stimati in 800 miliardi di euro annui. Non si esclude che tali risorse possano ulteriormente provenire da prestiti dai mercati finanziari. La pandemia ha infranto il tabù del debito europeo, rendendo essenziale finanziare investimenti comuni in settori strategici quali la difesa e l’infrastruttura elettrica.

La decarbonizzazione rimane una priorità principale, ora affiancata dall’idea di “competitività”. Sebbene l’UE contribuisca solo al 9% delle emissioni globali, risulta dipendente dalle importazioni energetiche. La decarbonizzazione è non solo un mezzo per raggiungere l’autosufficienza energetica, ma anche un’opportunità per avanzare tecnologicamente. Attualmente, l’UE è più dipendente dai Paesi terzi rispetto a quanto lo siano questi ultimi dall’Europa, rendendo prioritaria la riduzione di tali dipendenze.

sfide democratiche

Le sfide presentate non sono meno rilevanti rispetto a quelle democratiche che l’UE deve affrontare, confrontandosi con regimi autoritari esterni e la regressione dello stato di diritto internamente. Il processo decisionale democratico europeo risulta complesso, richiedendo un accordo di maggioranza qualificata e, in situazioni critiche, l’unanimità degli Stati. Inoltre, per compiere progressi verso un futuro più prospero, è fondamentale coinvolgere i cittadini. Rimane da valutare se la nuova Commissione e il Parlamento europeo saranno in grado di attuare le riforme indispensabili per recuperare competitività superando le divisioni politiche.

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