Recenti investigazioni hanno rivelato una rete criminale operante all’interno del carcere di Rebibbia, a Roma, nella quale droga, alimenti e dispositivi elettronici venivano introdotti con l’aiuto di detenuti e membri delle forze di polizia penitenziaria. Questo articolato sistema di traffico ha portato all’incriminazione di oltre 40 persone, tutte accusate di far parte di un’associazione a delinquere dedita a reati gravi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti e la corruzione. L’analisi dei provvedimenti giuridici emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha messo in luce situazioni allarmanti riguardanti la sicurezza degli istituti penitenziari.
A Roma, droga e corruzione dilagano nel carcere di Rebibbia
I fatti si riferiscono all’autunno del 2020, periodo in cui le attività illecite sono state eseguite in modo sistematico, per soddisfare le richieste presenti all’interno del carcere. Si andava dai pizzini per trasmettere ordini ai clan ai pacchi contenenti beni, incluso cibo, birra e droghe, ogni dettaglio per mantenere un continuo flusso di beni e informazioni veniva attentamente pianificato.
Tra i principali attori coinvolti emerge Costantino Di Silvio, associato a un noto clan romano, già condannato per omicidio con una pena sino al 2035. Si presume che Di Silvio avesse ricevuto un telefono cellulare grazie alla corruzione di un agente penitenziario, strumento utilizzato per gestire le attività criminali dall’interno del carcere.
L’Antimafia chiede 41 rinvii a giudizio
Le indagini hanno fatto emergere una rete che si estendeva oltre le mura di Rebibbia, coinvolgendo narcotrafficanti operanti a Roma e in zone limitrofe, come Guidonia e Monterotondo. I costi per i servizi illeciti variano: 30 euro per l’introduzione di una pizza e birra, fino a 300 euro per far entrare sostanze stupefacenti. Allarmante è la presenza di dispositivi elettronici e armi come coltelli a serramanico, che rappresentano un ulteriore pericolo per la sicurezza all’interno del carcere. L’operato dell’Antimafia ha clamorosamente smantellato questa rete, ma ora si attende il processo in cui 41 individui potrebbero essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Una situazione inquietante che solleva interrogativi riguardo alla sicurezza e alla corruzione nelle carceri italiane.