La recente condanna di un ingegnere per l’omicidio di una giovane avvocatessa ha suscitato sgomento e ha riacceso i riflettori sulla violenza di genere. Gli eventi si sono svolti a Roma, dove la vittima, Martina Scialdone, è stata uccisa nel gennaio 2023. La sentenza è stata emessa dai giudici della Prima Corte d’Assise di Roma, che hanno stabilito una pena di ergastolo per Costantino Bonaiuti.
Il processo ha avuto un forte impatto emotivo, con la presenza in aula dei familiari e degli amici della vittima. La madre e il fratello di Martina hanno condiviso un intenso momento di dolore alla lettura della sentenza, sottolineando la gravità della perdita subita.
La condanna e i motivi
Durante il processo, la pubblica accusa, rappresentata dalla pm Barbara Trotta, ha ripercorso i terribili eventi del 13 gennaio 2023, quando Bonaiuti ha ucciso Martina al culmine di una lite. La lite è scoppiata dopo che la giovane avvocatessa aveva deciso di porre fine alla relazione. L’omicidio è avvenuto alla presenza del fratello della vittima, che era giunto sul posto preoccupato per la sorella.
La condanna per l’imputato si basa su un’accusa di omicidio volontario aggravato da motivi futili e abietti, oltre che dalla premeditazione, considerando che ha portato con sé un’arma durante un incontro in cui sapeva dell’intenzione di lei di chiudere definitivamente la relazione. È emerso, inoltre, che aveva monitorato i movimenti di Martina collocando clandestinamente un dispositivo GPS sul suo cellulare.
Il dolore dei familiari
I familiari della vittima hanno espresso la loro sofferenza in seguito al verdetto. La madre di Martina ha dichiarato: “Non ci sono vincitori né vinti. Mia figlia non c’è più, la sua è una vita spezzata.” Il fratello ha commentato: “E’ andata come volevamo e speravamo. Timore c’è sempre sui verdetti, ma giustizia è stata fatta.”