Posizione dell’Italia sulla Corte penale internazionale
In seguito all’emissione di un mandato di arresto nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant da parte della Corte penale internazionale, la reazione italiana è stata di netta opposizione. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha affermato che “Hamas è un’organizzazione terroristica” e ha sottolineato la necessità di distinguere tra le varie responsabilità. Secondo Tajani, occorre valutare i dettagli della decisione della Corte, riflettendo sull’importanza di mantenere un approccio giuridico, piuttosto che politico.
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha espresso il suo disaccordo sulla sentenza, considerandola inadeguata e inopportuna, poiché colloca sullo stesso piano il governo israeliano e i terroristi. Egli ha enfatizzato che, in caso di un arrivo di Netanyahu o Gallant in Italia, il Paese sarebbe obbligato a rispettare il diritto internazionale e quindi a procedere all’arresto.
Di un parere diverso è il vicepremier Matteo Salvini, il quale ha ribadito il suo supporto a Netanyahu, definendo “criminali di guerra” altri soggetti. Secondo Salvini, la decisione di arresto è il risultato di una dinamica politica influenzata da Paesi islamici in alcune istituzioni internazionali.
La reazione degli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, la decisione della Corte è stata fortemente contestata. Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha dichiarato che gli Stati Uniti “respingono categoricamente” la richiesta di arresto, sottolineando le preoccupazioni relative a procedure inadeguate. Il membro del Congresso Mike Waltz ha criticato la Corte, affermando che non ha giurisdizione sulla vicenda e preannunciando risposte contro i pregiudizi percepiti dalla Corte e dall’ONU, in vista dell’amministrazione di Donald Trump.
Secondo fonti, la futura amministrazione Trump starebbe considerando l’adozione di sanzioni contro la Corte penale internazionale, in particolare nei confronti del procuratore capo Karim Khan e dei giudici coinvolti.
Differenti reazioni internazionali
La Cina ha espresso una posizione di imparzialità e giustizia, oppandosi a tutte le azioni contrarie al diritto internazionale. Il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian, ha ribadito il sostegno della Cina per le azioni della comunità internazionale a favore della giustizia palestinese.
La Santa Sede ha scelto di non commentare la situazione, tramite il cardinale Pietro Parolin, mentre Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione Europea, ha affermato che i mandati di arresto sono vincolanti per tutti i membri dell’UE.
Il premier ungherese Viktor Orban ha dichiarato che non rispetterà la decisione della Corte, promettendo accoglienza a Netanyahu in Ungheria. Al contrario, il Taoiseach irlandese Simon Harris ha affermato che Netanyahu sarebbe arrestato se si trovasse sul suolo irlandese.
Infine, il presidente argentino Javier Milei ha ribadito il diritto di Israele all’autodifesa, mentre la ministra spagnola Yolanda Diaz ha sottolineato la necessità di giustizia per il popolo palestinese.
Tra le reazioni, anche l’Olanda ha espresso la volontà di rispettare i mandati della Corte, qualora fossero necessari.