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Scoperta Ieo-Pascale “apre una nuova strada sul fronte vaccini terapeutici”
31 ottobre 2024 | 13.54
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È emerso che nel microbiota intestinale si trovano dei fattori in grado di predire l’efficacia dell’immunoterapia contro il melanoma. Attraverso un semplice test ematico, è possibile identificare quali pazienti affetti da tumore avanzato reagiranno positivamente al trattamento. Questa scoperta segna un passo importante verso lo sviluppo di un vaccino terapeutico e viene dall’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, come riportato in uno studio supervisionato da Luigi Nezi e pubblicato su ‘Cell Host and Microbe’.
Presso l’Irccs fondato da Umberto Veronesi e presso l’Istituto nazionale tumori ‘Fondazione Pascale’ di Napoli, sono stati coinvolti 23 pazienti con melanoma inoperabile, candidati a ricevere una terapia che, bloccando la proteina linfocitaria PD-1, riattiva la risposta immunitaria anticancro. Da ogni partecipante sono stati raccolti dati clinici e campioni biologici, sia prima dell’inizio della terapia sia mensilmente durante il trattamento (fino a 13 mesi), consentendo così la correlazione tra le variazioni del microbiota intestinale e altri marcatori infiammatori ematici.
Pur essendo noto il legame tra microbiota intestinale e immunoterapia, i risultati dello studio chiariscono i meccanismi di interazione. “I pazienti con una risposta clinica completa presentano una composizione unica del microbiota, che varia poco durante la terapia e stabilizza determinati batteri”, ha affermato Angeli D.G. Macandog, ricercatrice Ieo e principale autrice del lavoro. Questi batteri della classe dei Clostridia rivestono un ruolo importante nel metabolismo delle fibre alimentari e nella salute intestinale. Tale osservazione conferma l’importanza di una dieta ricca di fibre per l’immunoterapia, rivelando nuove prospettive su come il microbiota influisce sulla risposta terapeutica.
Un’analisi metagenomica ha dimostrato che il microbiota dei pazienti reattivi all’immunoterapia è arricchito di geni per la sintesi di peptidi che presentano una struttura simile agli antigeni tumorali del melanoma. Questa somiglianza permette ai linfociti di attaccare sia i peptidi batterici che gli antigeni tumorali, potenziando così l’immunità contro il cancro.
Nezi ha chiarito che “la maturazione dei linfociti implica l’eliminazione di quelli che riconoscono le proteine endogene, per proteggere il corpo dagli autoimmuni”. Questo però limita la capacità del sistema immunitario di identificare gli antigeni tumorali, la cui espressione è comune anche nelle cellule normali. A livello intestinale, invece, meccanismi differenti permettono la tolleranza dei batteri ‘commensali’, essenziali per la salute. La scoperta che alcuni di questi batteri producono antigeni simili a quelli tumorali suggerisce l’esistenza di una ‘biblioteca’ di peptidi nell’intestino che potrebbe potenziare l’azione del sistema immunitario contro i tumori.
Il team di ricerca prevede che questa scoperta permetterà di realizzare uno screening dei pazienti idonei all’immunoterapia attraverso un test ematico per rilevare linfociti che riconoscono i peptidi batterici simili a quelli del melanoma. “Questa identificazione di marcatori per prevedere la risposta ai trattamenti è cruciale” ha dichiarato Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento Melanoma e Immunoterapia del Pascale, poiché aiuterà a selezionare i pazienti in grado di beneficiare realmente della terapia, minimizzando costi ed effetti collaterali per chi non risponde al trattamento.
Nezi ha concluso affermando che “i nostri risultati possiedono un notevole potenziale terapeutico, poiché l’accrescimento della flora batterica favorevole potrebbe essere stimolato tramite somministrazione di semplici mix di peptidi. Questi potrebbero essere utilizzati per ampliare l’applicazione delle terapie cellulari e come vaccino per educare il sistema immunitario a riconoscere e combattere i tumori in sinergia con l’immunoterapia”.
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