innovazioni nel trattamento dell’epilessia
È emersa una nuova prospettiva nel campo medico riguardante il trattamento dell’epilessia resistente, una condizione che colpisce un paziente su tre. Un recente studio condotto da un equipe dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e l’Università di Genova, pubblicato su ‘Nature Communications’, ha aperto la strada a metodi terapeutici innovativi, sfruttando la bioluminescenza delle lucciole per contrastare l’iperattività neuronale associata alle crisi epilettiche.
la portata del problema
Con 550.000 casi di epilessia registrati in Italia e oltre 50 milioni globalmente, questa malattia è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia sociale sin dal 2020. Gli episodi epilettici derivano dall’eccessiva attivazione di alcuni neuroni e, sebbene molte terapie siano efficaci, circa un terzo dei pazienti non risponde ai trattamenti disponibili. L’ optogenetica, un metodo che implica la modifica genetica dei neuroni, si è proposta come un’alternativa ma richiede l’inserimento di fibre ottiche, risultando quindi invasiva.
il ruolo della luciferasi nel trattamento
Nel nuovo approccio proposto, i ricercatori utilizzano tre elementi prodotti geneticamente in tutte le cellule nervose: una opsina, un sensore e una luciferasi, la stessa proteina che consente alle lucciole di emettere luce. L’attivazione dell’opsina avviene attraverso la somministrazione di un substrato, evitando il bisogno di fibre ottiche. Questo sistema permette di monitorare l’attività neuronale, attivando il circuito esclusivamente nei neuroni affetti da epilessia.
trasformazione nella gestione della malattia
La sperimentazione preclinica ha mostrato risultati incoraggianti, con una diminuzione di oltre tre volte nel numero di crisi epilettiche e una riduzione di 32% nella durata degli attacchi rispetto ai gruppi non trattati. Questo modello terapeutico rappresenta una soluzione promettente per i casi di epilessia cronica refrattaria ai farmaci, specialmente in situazioni in cui l’intervento chirurgico non è praticabile. L’obiettivo successivo dei ricercatori è ottimizzare la modalità di somministrazione del farmaco per garantire un’attivazione persistente nel cervello.
principali figure coinvolte nello studio
Il team di ricerca è composto da diverse personalità significative nel campo delle neuroscienze:
- Fabio Benfenati – Coordinatore dello studio
- Caterina Michetti – Prima autrice e ricercatrice
- Elisabetta Colombo – Co-coordinatrice del progetto