Il dibattimento ha preso avvio presso la corte d’Assise di Venezia, dove il giovane di 22 anni sarà l’unico testimone del caso. Il verdetto è previsto per dicembre. La famiglia Cecchettin richiede un risarcimento di due milioni di euro.
24 settembre 2024 | 00.12
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Filippo Turetta ha manifestato la volontà di essere interrogato, desideroso di rispondere a tutte le domande, “anche per onorare la memoria” di Giulia Cecchettin. L’imputato, accusato di omicidio volontario aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere, si pone l’obiettivo di confessare tutti i dettagli riguardanti il femminicidio della sua ex fidanzata, vittima di 75 coltellate. Tale dichiarazione è stata resa nota durante la prima udienza del processo, svolto davanti al collegio presieduto da Stefano Manduzio, che comprende otto giudici popolari, tre dei quali donne. La questione dell’assenza dell’imputato, attualmente detenuto nel carcere di Verona, ha suscitato discussioni.
L’assenza dell’imputato non sembra preoccuparsi Gino Cecchettin, padre della giovane laureanda di Vigonovo (Padova): “È una sua decisione, non spetta a me giudicare. Non avrei nulla da dire a Filippo Turetta”. La nonna materna della vittima, Carla Gatto, ha commentato che “forse sarebbe stato opportuno che fosse presente”, mentre il procuratore capo di Venezia, Bruno Cerchi, ha espresso preoccupazione per la possibilità che l’imputato non partecipasse a un processo pubblico, considerata la significativa pressione mediatica.
Processo rapido per Turetta: l’unico testimone
È stato raggiunto un accordo tra le parti, con unanime consenso all’acquisizione del fascicolo della procura e rinuncia ai testimoni da parte del pubblico ministero e della difesa, accelerando i tempi del procedimento. Turetta sarà l’unico testimone e verrà interrogato il 25 e 28 ottobre. Sono previste ulteriori udienze il 25 e 26 novembre, con il verdetto atteso per il 3 dicembre. Questo processo, che si configura come ‘lampo’ con sole sei udienze, prevede un doppio obiettivo per i legali di Turetta, Giovanni Carusi e Monica Cornaviera: garantire che il comportamento dell’imputato venga riconosciuto e attenuare l’attenzione mediatica sul delitto avvenuto l’11 novembre 2023.
“Filippo è consapevole del suo dovere di rispondere davanti al giudice. Accelerare il processo è nell’interesse dell’imputato e la rapidità è essenziale per la giustizia. Sarà la corte a stabilire se meriti l’ergastolo o una condanna di trenta anni”, ha dichiarato il legale Caruso.
Richiesta di risarcimento da parte della famiglia Cecchettin
Un ulteriore sviluppo emerso nella giornata è che il caso, considerato il più mediatico della cronaca recente, è divenuto una questione ‘privata’: la corte d’Assise di Venezia ha respinto la richiesta di costituzione come parti civili da quattro associazioni contro la violenza di genere, da parte di Penelope e dai comuni di Fossò e Vigonovo, dove risiedeva la ventiduenne. Solo la famiglia Cecchettin ha riconosciuto un danno diretto dalla morte di Giulia, richiedendo oltre due milioni di euro come risarcimento (un milione per il padre, 380 mila per il fratello Davide e una somma simile per la sorella Elena, entrambi assenti in aula per motivi di studio, 150 mila euro ciascuno per lo zio Alessio e la nonna).
Nel caso in cui, a dicembre, Turetta ricevesse un verdetto, le possibilità che l’ergastolo venga confermato restano elevate, date le aggravanti di premeditazione e crudeltà. La vera condanna, però, affiora dal volto di Gino Cecchettin, il quale, con orgoglio, sfoggia una spilla con l’immagine sorridente di Giulia, affrontando con voce spezzata le domande dei giornalisti: “Non desidero vendetta nei suoi confronti; ho fiducia nelle decisioni giudiziarie. La pena che verrà stabilita sarà giusta. Essere qui, ascoltando quanto accaduto, rinfocola il mio dolore: oggi non mi sento bene e non passa giorno senza pensare a Giulia”.