Il caso di Michele Merlo: la Procura archivia l’indagine sul medico di base
Michele Merlo, il giovane cantante scomparso a causa di un’emorragia cerebrale indotta da una leucemia fulminante, ha visto giungere a conclusione l’indagine riguardante la condotta del medico di base che lo visitò prima del decesso.
La Procura di Vicenza ha definitivamente archiviato il fascicolo aperto nel 2021, stabilendo che la malattia del cantante fosse già in fase terminale al momento della visita. Per tale ragione, è stato ritenuto che non ci fosse alcuna possibilità di intervenire tempestivamente per salvarlo. Nonostante la chiusura dell’indagine penale, la famiglia di Merlo ha intrapreso una causa civile contro il professionista sanitario coinvolto.
le indagini della procura
Nel mese di settembre scorso, la Procura di Vicenza aveva avanzato la richiesta di archiviazione del caso, motivandola con l’impossibilità di dimostrare un nesso di causalità tra l’operato del medico e il decesso del giovane paziente. Le perizie tecniche hanno infatti evidenziato che anche una diagnosi effettuata a maggio, quando Merlo fece visita allo studio medico per una contusione alla coscia, non avrebbe garantito la salvezza del cantante.
le conclusioni degli esperti
Le perizie hanno confermato che non vi è certezza assoluta che una diagnosi precoce avrebbe potuto cambiare il destino di Merlo. A seguito dei risultati ottenuti, la Procura ha così archiviato l’indagine per omicidio colposo a carico dello studio medico dove il giovane cantante si era recato.
la diagnosi tardiva
Secondo l’ANSA, il medico di base di Rosà non avrebbe identificato la leucemia fulminante di Michele Merlo durante una visita, poiché il sintomo per il quale Merlo si era presentato riguardava una contusione alla coscia, che il giovane riferì essere probabilmente dovuta a un trasloco. La diagnosi della grave malattia avvenne solo successivamente, quando ormai era troppo tardi per qualsiasi intervento medico.
Quando si arrivò alla diagnosi definitiva, Michele Merlo non poté beneficiare di alcun trattamento salvavita poiché la sua malattia era già in una fase avanzata e irreversibile. La Procura ha così concluso che non vi fosse alcuna colpa imputabile al medico per la mancata diagnosi precoce.