Dal romanzo alla poesia
Se come icone della coscienza poetica e popolare ci sono gli interventi in vernacolo, si sviluppa, così, contemporaneamente, negli interventi letterari, uno sguardo verso il contesto italiano e europeo, con riflessioni sulla possibilità del rapporto tra poesia e società.
La citazione dantesca utilizzata come epigrafe, già elegge il periodico di Saverio Vitari e Francesco Scaglione, e dei numerosi scrittori, tra cui Biagio Miraglia, Vincenzo Padula, Domenico Mauro a quella che può essere considerata un’opera letteraria tipicamente romantica, con l’attenzione a Dante e a Manzoni, all’eticità delle letteratura come testimonianza storica della vita e dell’attività dei giovani intellettuali cosentini prima del quarantotto. Le riflessioni sul rapporto tra poesia e vita sono al centro del dibattito tra le pagine del Calabrese. In particolare la nascita del romanzo è argomentata da Padula fino ad illustrare il punto in cui si pone l’attività dell’intellettuale romantico.
Troviamo quindi una forte critica sociale, che testimonia una altrettanto marcata coscienza storica della posizione del poeta, e delle differenze nazionali della poesia, e dunque della vita, come unità inscindibili, in cui l’una è specchio dell’altra:
La posizione dell’intellettuale è dunque colpita dalle stesse scosse che intaccano la stabilità sociale ed è per questo motivo che aumenta il divario tra gli intellettuali e la realtà. La disarmonizzazione tra ciò che accade e il lavoro poetico è l’inevitabile risultato della situazione storica affrontata con gli strumenti degli ideali romantici, che, come tali, si oppongono naturalmente a ciò che vincola il comportamento umano. Il tipo di forma letteraria che entra in gioco negli interventi è strettamente legato ad un orizzonte immaginario e spesso drammatico, tipico della poesia romantica.
Là dove le analisi delle opere e delle situazioni artistico-intellettuali si intrecciano alla riflessione sociale, di stampo generale, almeno fino a che Il Calabrese non si trasforma in Il Calabrese Rigenerato, è evidente il riflesso delle influenze strettamente romantiche. Nel divario tra ciò che può essere immaginato come ideale e ciò che effettivamente si pone sotto gli occhi dei giovani calabresi e cosentini, emerge lo sguardo a volte rassegnato rispetto ad una crescita socio-culturale non soltanto locale ma che riguarda il paese e l’intero panorama sul quale l’occhio del poeta si può posare. Divario che si impone là dove la riflessione prende le mosse per differenza rispetto al passato. Si osserva così, dapprima, come il poeta poteva, nell’antichità, svolgere il suo compito all’interno dello spazio sociale arrivando a poter collocare il suo trono nella vita reale, nella società positiva, nel regno dello spirito. Ma questa posizione non è più quella dell’intellettuale moderno, costretto ad allontanarsi dalla realtà per poter operare, e a rifiutare la società e perciò obbligato all’isolamento. In questo sembra spegnersi la possibilità di una secolarizzazione della sua attività, ossia una materializzazione sociale della sua azione. La poesia, stretta nella sua individualità, appare divergente dall’azione sociale che allontana e spezza ogni possibilità di crescita intellettuale che sia fruttuosa e fertile. Per queste ragioni la società è vista come un deserto e gli individui che ne sono parti un mucchio di cenere, così il poeta stesso è un fantasma, invisibile a chi non può riconoscerlo.
Abbandonata la corrispondenza tra arte e vita, persa l’armonia tra le variabili sociali, rimane la condizione permanente dell’artista come forza oppositiva e contraria.