2. Le origini dell’Avanguardia
Nelle Avanguardie si compie l’integrazione tra l’uso estetico e il valore di scambio. Al fine di non diventare un’utopia, la Teoria dell’Avanguardia di Bürger delinea la realtà di trasformazione della ricezione attraverso le tre fasi. Il periodo di tempo che comprende almeno tre modi diversi di guardare alle innovazioni apportate, è tale da non poter ridurre a un unicum l’intero processo di sviluppo dell’arte. Cubismo, Futurismo, Espressionismo, Dadaismo e Surrealismo sono le principali correnti che afferiscono a quel flusso definito dalla Teoria dell’Avanguardia. Il superamento dell’arte, come è tipico del concetto alla base dei readymade, ossia di quel détournemet che ispira il Situazionismo, si insedia nell’ultima avanguardia storica. L’abbandono della visione tradizionale dell’arte è accompagnata da una maniera diversa di concepire l’artista.
Realizzare l’arte significa, dal punto di vista dell’Internazionale Situazionista, rinunciare all’etichetta che fino alle prime avanguardie caratterizzò il clima socio-culturale dell’epoca precedente. Il primo aspetto innovativo è la popolarità e l’integrazione con i valori sociali del proletariato. Tale prospettiva convalida la necessità di un riduzionismo dell’aspetto fino a quel momento più ovvio, ossia dello spettacolo.
Per i situazionisti il rapporto esistente tra la comunicazione e lo stato è inversamente proporzionale, nel senso in cui là dove c’è comunicazione non c’è Stato. La poesia è una vera e propria rivoluzione: a parere dei situazionisti, per realizzare la teoria è necessario il dialogo.
La possibilità di tale processo di comunicazione è legata al superamento della violenza subita, dalle forze che agiscono attraverso lo stato. Nella visione situazionista lo stato è opposto all’arte. Il problema che si pone è quello della dinamica di forze che si estrinsecano tra immagine e parola. In un certo senso lo sperimentalismo si manifesta come contaminazione di generi diversi. A sostegno di una tesi che non permetta la coincidenza tra stato e innovazione, l’Internazionale Situazionista collabora alla decontestualizzazione dell’arte. Il periodo di tempo che va dagli anni Sessanta ai Settanta comprende un insieme di pratiche che fanno corrispondere la teoria critica alla demistificazione dell’azionismo precostituito. A competere con la nozione di teoria artistica è la progettualità critica della circostanzialità del gesto artistico.
L’Avanguardia si lega alla cultura dei media nel 1909, nel momento in cui esce su Le Figaro il primo manifesto futurista. Perderà la sua peculiarità di movimento avanguardista intorno al 1916, alla morte improvvisa di Boccioni. Nello stesso periodo Severini e Carrà cambiano orientamento politico. In quel periodo di tempo le figure chiave che rappresentano il movimento sono quelle di Boccioni, Balla e Carrà. I tre artisti sono influenzati dal divisionismo ma non hanno legami con Cézanne e con il Fauvismo. Anche lo stesso Cubismo non rientra nella linea avanguardista del primo Futurismo.
Incisiva è, in quegli anni, l’influenza della fotografia. Cogliere il movimento della figura nelle arti plastiche dà alla visione un ruolo diverso dal semplice rilevare la somiglianza con il mondo rappresentato. Muybridge e Marey sono i primi rappresentanti dell’integrazione tra il mondo della pittura e la pratica fotografica. Alcune opere di Balla sono il risultato di un’osservazione profonda della mimesi esistente tra la fotografia e le arti plastiche. La ripetizione del movimento degli esseri viventi e della natura si manifesta non solo nella pittura paesaggistica ma anche nella scrittura. La tela diventa un luogo di esperienze fonetiche, del linguaggio in forma di onomatopee. Le sensazioni suscitate dalla tela non separano la realtà dall’arte: il senso del presente è alla base della poetica del Futurismo, negli anni in cui l’avanguardia coincide con il rifiuto del passato.
Al cambiamento di una visione, da rappresentativa a molteplice, di cui sono portatrici le arti plastiche, corrisponde una collisione tra le diverse sostanze dell’espressione. Senza toccare i limiti della tecnica che si avrà alla fine delle avanguardie, per esempio con la Pop art, il sovvertimento dell’ordine assume la forma di fenomeno sociale esteso e non chiuso in una nicchia. Picasso mette in pratica la prima mossa decisiva nei confronti della risposta alla guerra e fa della sua arte un intero movimento storico e non solo una forma espressiva. Capovolgendo le figure sociali e i suoi ruoli, come quello della donna che diventa parte integrante e soggetto privilegiato delle opere, il realismo dell’arte assume forma metariflessiva. Il simbolico diventa un mondo di allegorie, l’incarnazione di uno slittamento di senso rispetto ai risultati distruttivi del sociale.
La disgiunzione degli apparati percettivi è tipica delle opere picassiane. La pittura non mira a rendere solo la vista ma sensi diversi, come quello tattile che va disgiunto dalla percezione visiva abituale. Le opere diventano denaturalizzanti, al fine di fare da cartina tornasole per l’osservatore e riportarlo dalla distrazione all’osservazione in sé, senza dissociazioni psicologiche.