Gli extracomunitari colpiti dal cancro muoiono più degli italiani.

In Italia risiedono all’incirca 5 milioni di immigrati. Anche se in media sono più giovani degli italiani, e quindi in media in migliori condizioni di salute, sono anche più esposti a malattie, come tumore e malattie sessaulmente trasmissibili. Ciò, con buone probabilità, è dovuto ad uno stile di vita errato con abuso di fumo, alcool ed una dieta povera di vitamine ma ricca di grassi, ed anche allo scarso utilizzo del Servizio Sanitario Nazionale pur avendo diritto ad accedervi.

Poca prevenzione – Marco Venturini, presidente Aiom, Associazione Italiana di Oncologia Medica, ha perciò denunciato durante l’ultimo convegno tenutosi a Bologna che : “Nella nostra pratica clinica riscontriamo che gli immigrati arrivano troppo spesso a scoprire la malattia in ritardo. E le neoplasie di cui soffrono sono proprio quelle più direttamente correlate a stili di vita errati (polmone, testa-collo, colon-retto, stomaco) e alla mancanza di prevenzione secondaria (collo dell’utero, seno e ancora colon retto). C’è poi fra gli stranieri una maggiore incidenza di tumori del fegato, in gran parte conseguenza dei casi da cirrosi legate a forme di epatite B cronica: una forma di cancro che è quindi particolarmente frequente in popolazioni che non hanno ricevuto la vaccinazione contro questo virus, che hanno vissuto in ambienti che possono facilitarne lo sviluppo o che presentano altri fattori predisponenti (come rapporti sessuali non protetti e abuso di alcol). Di fronte a questo scenario, con numeri in evidente crescita nei reparti di oncologia emerge la necessità di interventi specifici, non più rinviabili: serve soprattutto fare prevenzione primaria e secondaria, in particolare attraverso il coinvolgimento delle seconde generazioni “.

L’obiettivo è allora quello di sensibilizzare i giovani perchè “Parlano la nostra lingua e frequentano le nostre scuole; fanno da tramite per la traduzione, la comunicazione, l’informazione e rappresentano una risorsa insostituibile perché sono i fautori del cambiamento culturale all’interno del nucleo familiare”.