Amina Arraf era diventata una delle voci della Siria in rivolta. Il suo blog, “A gay girl in Damascus”, aggiornava continuamente il web sulla situazione nel paese e affrontava un tema proibitissimo: quello dell’omosessualità, lì considerato reato. Con un coraggioso coming out, la ragazza si era esposta al rischio di minacce e persecuzioni. Difatti così è stato e la blogger siriana è stata rapita da qualcuno non ancora identificato.
Amina raccoglieva notizie sulle repressioni e le violenze perpetrate nel paese e le sue pagine sono diventate man mano sempre più scomode per il regime. Racconta la cugina, sempre tramite le pagine dello stesso blog, che Amina è stata costretta, da tre agenti in borghese ed armati, ad entrare in una Dacia Logan rossa con su un adesivo del fratello del Presidente Assad. La giovane donna era riuscita a colpire uno dei tre uomini e a dire ad una sua amica di andare a chiamare il padre, poi è stata zittita con una mano sulla bocca. Neanche i genitori sanno dove si trovi attualmente poiché non è arrivata nessuna richiesta di riscatto né si sa a chi chiedere il rilascio perché in Siria esistono 18 differenti polizie e svariati gruppi paramilitari. I genitori suppongono che “è anche possibile che stiano cercando di deportarla. Da altri membri della famiglia che sono stati imprigionati possiamo supporre che verrà rilasciata presto. Se avessero voluto ucciderla lo avrebbero fatto subito. Almeno, questo è ciò che speriamo e per cui preghiamo”.
Da quando sono scoppiati i disordini a marzo, il blog di Amina era diventato fonte di notizie anche per la stampa internazionale e i suoi post erano anche eccessivamente diretti per i gusti del regime. Auspicava la fine dell’attuale dittatura e si ispirava al vento di cambiamento che ormai soffia in molti paesi del medio oriente. “E’ in corso una rivoluzione e tutti noi vogliamo vedere rivoluzionato ogni aspetto della nostra società, vogliamo che si ripensi non solo come gli Stati vengono governati ma anche il ruolo delle donne in queste società, il diritto all’autonomia sessuale e sì, anche il diritto a sposare chi amiamo”.
Figlia di un siriano e di un’americana, negli ultimi mesi era stata costretta a cambiare città almeno quattro o cinque volte e a rinunciare ad un viaggio a Roma con la attuale compagna Sandra Bagaria, residente in Canada. La stessa Bagaria ha raccontato di un episodio recente che ha visto l’arrivo di due uomini sospetti a casa di Amina, accolti dal padre della ragazza. Quella sera i due agenti non fecero niente, ma furono visti entrare successivamente in un internet cafè in cui la Arraf si trovava per aggiornare il suo blog.
Intanto, il web si sta mobilitando e sia su Facebook sia su Twitter, tramite l’hashtag #freeamina, gli internauti stanno aprendo canali per chiedere la sua liberazione.
Dalla Francia, dopo le prime ore dal rapimento, era giunta la notizia che l’ambasciatrice siriana Lamia Chakkour aveva presentato le proprie dimissioni in segno di protesta per quello che sta accadendo nel paese mediorientale. Ma subito è arrivata la smentita della stessa donna, che ha dichiarato: “È un atto di disinformazione, parte della campagna mediatica contro la Siria”. La notizia era stata annunciata dalla tv France24.